Lungo tutto il corso dello sviluppo, mangiare non è soltanto un modo per mantenersi in vita e colmare i morsi della fame, ma anche un mezzo di scambio, di comunicazione e qualche volta un modo per opporsi.
Sin da i primi momenti di vita (extra-uterina) il neonato viene “attaccato al seno” per “nutrirsi”; l’atto dell’allattamento è un momento che va ben oltre la soddisfazione dei bisogni fisiologici legati all’alimentazione, offrendo anche occasioni di profondo scambio per lo sviluppo della relazione madre-bambino. Pensiamo a quanti bisogni fondamentali per la crescita sana del bambino vengono soddisfatti durante l’allattamento.
Il bambino è saldamente tenuto tra le braccia dell’adulto e vive l’esperienza della protezione, dell’amore, della tenerezza e del contatto.
Cosa accade a livello psico-fisico durante l’allattamento?
Il bambino se pur in uno stato di leggera attivazione che gli consente la suzione, è abbandonato tra le braccia della madre e può “disattivare” i sistemi di vigilanza, di azione, di controllo. Vive momenti di contatto pieno e profondo con sé e con la madre, riceve e assorbe nutrimento su tutti i livelli di Funzionamento psico-corporei.
Se guardiamo un bambino durante una poppata tutto ci parla del suo stato di pieno benessere; se è ben tenuto se la madre è in una condizione di calma e tranquillità ed è pienamente li con lui, il piccolo godrà di tutto ciò. Il suo sguardo sarà un po’ perso e incantato, (o in contatto con la madre) la muscolatura non è attivata ma ben sostenuta dalla presa dell’adulto, l’emozioni sono di serenità e di piacevolezza, lo stimolo della fame a livello fisiologico viene soddisfatto.
L’allattamento come esperienza di sviluppo (psico-corporeo)
Se ci sono le giuste condizioni per essere vissute bene, tali esperienze, ripetendosi più e più volte lungo lo sviluppo del bambino, e in molte altre occasioni di vita oltre a quella dell’allattamento, rappresentano alcuni dei tanti ”mattoncini” su cui si fonda la crescita buona del bambino.
L’esperienza del contatto durante l’allattamento è, insieme alle altre a cui abbiamo accennato, la discriminante, ciò che rende la poppata più di un semplice atto per alimentarsi. E’ in particolare un “Essere Nutrito” nel senso di qualcosa di caldo e amorevole che passa dall’adulto al bambino. Oltre infatti al contatto pelle a pelle, al calore, all’odore, quindi a tutto ciò che passa attraverso gli organi sensoriali, il Contatto “…è un flusso di sensazioni che passano dall’uno all’altro e che l’organismo assorbe in modo pieno e aperto; è un’esperienza di vicinanza con l’altro molto profonda, di fusione per certi versi…” cit. L. Rispoli; “Esperienze di Base e Sviluppo del Sé- L’Evolutiva nella Psicoterapia Funzionale, F. Angeli”.
Lo psicologo americano Harry Harlow con una serie di esperimenti mostrò come il contatto legato all’atto dell’alimentazione garantisca la possibilità di sviluppare altre capacità necessarie all’adattamento. Nei suoi esperimenti notò come le scimmie allevate da un manichino in grado di alimentarle ma “freddo” riuscivano a sopravvivere, ma erano “chiuse” e non stavano con gli altri né avevano il coraggio di affrontare i propri simili; quelle che invece venivano allevate da un manichino “caldo” rispondevano alle sollecitazioni, esploravano l’ambiente e non erano impaurite. Le scimmie che invece venivano allevate da una scimmia vera , che oltre ad allettarle forniva loro contatto fisico, si muoveva e interagiva, erano le più serene, esplorative e sicure.
Il rifiuto del latte (cibo)
Come momento e tappa dello sviluppo, la prima alimentazione (e non solo l’allattamento), offre inoltre al bambino la possibilità di scoprire ed esplorare l’utilizzo della bocca. Il bambino prende e si riempie attraverso il succhiare il latte materno.
Aprire la bocca è per il neonato un gesto che indica la voglia di riempirsi, allo stesso modo il chiudere la bocca è il più arcaico segno di rifiuto, roteando la testa verso l’alto o lateralmente per allontanare la bocca dal seno, dal biberon, o dal cucchiaio.
Il gesto del “NO” con la testa ha origine proprio da questo rifiuto del cibo da parte del lattante, ed è universalmente compreso dalle culture più diverse.
Crescendo (qualche mese di vita) il chiudere la bocca in segno di rifiuto assume connotazioni più coscienti e attive, un vero e proprio opporsi.
Verso i due tre anni la bocca si può serrare in modo ostinato per allontanare il boccone offerto dall’adulto; l’ostinazione blocca il bambino in una modalità di chiusura; non si apre, non “apre bocca” neanche per spiegare con ragionevolezza ciò che sta pensando.
I motivi che possono portare a ciò sono diversi, l’importante è ricordare sempre che il bambino è un “piccolo” che va protetto e guidato dall’adulto, e che anche il “capriccio” o la “chiusura” sono segno di un qualche bisogno non soddisfatto pienamente. In particolare durante l’allattamento è indispensabile che sia per entrambi (mamma-bambino) un momento di piena calma, contatto e condivisione.