«Il babywearing consente una relazione su un livello molto intimo e forte, perché fatta di dialogo senza il bisogno di parlarsi». Esistono diversi supporti, ma è importante scegliere quello giusto
Non c’è momento più intimo di quello che permette a mamma e bambino di essere una cosa sola…dopo il parto. Il babywearing aiuta a mantenere il contatto e la relazione unica tra mamma e bebè. Ma come scegliere il supporto giusto che va bene a entrambi e che faccia stare comodo tuo figlio? Ne parliamo con Emanuela Petrotto consulente del Portare, Peer Breastfeeding Counselor che sarà presente ad Allattare per Amare sabato 6 mattina dalle 10 al centro commerciale La Torre.
Portare il proprio bimbo in fascia mantiene (e crea) il contatto mamma – bebè e favorisce un legame unico?
«Il legame unico esiste già, quando il bambino e i genitori, non solo la mamma, stanno vicini, a contatto. Sicuramente portare il bimbo in fascia aiuta nella relazione, nel comprendersi forse più facilmente, delle volte, specie quando si è un po’ più avanti nel percorso, magari si porta già dietro e ci si parla, senza guardarsi. Portare in fascia aiuta nel rafforzare la relazione già esistente, soprattutto nel caso dei papà aiuta nella creazione di questo legame che comunque è destinato a nascere, crescere ed evolversi a prescindere dalla fascia. Ci permette di stare molto vicini, in un abbraccio costante».
Cosa si crea tra mamma e bambino quando i due sono a un palmo, più o meno, di distanza?
«Parlo sempre di genitori e bimbo perché è un percorso che riguarda entrambi i genitori e altre persone che si vogliono avvicinare al bimbo, i nonni, una tata, un’educatrice della scuola, qualunque persona si avvicini al bimbo crea con quel bambino una relazione fatta di dialogo senza parole, dettata dal contatto, dal toccarsi a vicenda, dal sentire il proprio respiro. Ciò che si crea è una relazione su un livello molto intimo e forte, perché fatta di dialogo senza il bisogno di parlarsi».
I bimbi infatti si sentono sicuri…. è per questo che la fascia concilia il sonno?
«La fascia concilia il sonno nella misura in cui il bambino si rilassa abbracciato col genitore, contenuto, con odori a lui familiari, o anche suoni e rumori. I bambini si abbandonano al sonno, anche grazie al movimento; nel caso specifico di mamma e bambino, invece, si ricrea quasi immediatamente, specie nei bimbi appena nati, la condizione di vita uterina, il bimbo ritrova esattamente la stessa situazione».
C’è una età per la fascia e ci sono diversi supporti?
«Non c’è un’età, se non data dalla volontà del genitore e del bambino. Ci sono vari supporti dalla fascia ad anelli al marsupio al mei-tai. Potere scegliere tra vari supporti aiuta tantissimo per poter eleggere effettivamente il supporto quello che fa al caso nostro. Seguiamo dunque indicazioni legate a fisionomia, fisiologia, ergonomia, ma anche le inclinazioni, quello che ci fa stare più a nostro agio».
Come sceglierlo?
«Scegliamo il supporto per quella che è la struttura fisica e la situazione del momento del bambino e del genitore, scegliendo fra i supporti davvero ergonomici, quelli che ci facciano stare comodi e ci permettano di vivere la quotidianità in modo pratico».
Cosa farai ad Allattare per Amare
«Porterò uno dei miei incontri esperienziali sul contatto, partendo dalla forma minima a quella massima di contatto. Non voglio svelare tanto, è un momento che va vissuto, ci aiuta a comprendere come ogni giorno, in ogni momento della nostra vita, della nostra esperienza di essere umani sperimentiamo il contatto nelle sue varie forme e gradi di intensità. Nel caso di nascite e neonati si tramuta addirittura in alimento, il contatto diventa nutrimento tramite l’allattamento ma è fondamentale e innanzitutto un nutrimento del cuore».
L’arte del portare in alcuni Paesi è radicata da secoli, in Italia c’è ancora poca informazione e formazione?
«Due terzi del mondo portano i bimbi con la fascia, non solo in Africa. L’Italia è uno dei Paesi in cui si porta meno; per esempio si porta molto in nord Europa, moltissimo nel sud est asiatico. Il babywearing è diffuso su due terzi della popolazione mondiale, ma non molto in Italia, per una serie di fattori legati allo sviluppo demografico, industriale, economico e sociale per cui si è visto a lungo il babywearing come un qualcosa legato a una persona meno abbiente, meno facoltosa, magari legata al mondo agricolo e alle campagne. Sicuramente adesso c’è una ripresa molto molto forte in Italia, proprio del contatto con i propri figli, di una genitorialità vissuta più da vicino, per cui il portare in fascia, o con un supporto comunque ergonomico, sta tornando assolutamente tra le cose “normali”. Sicuramente c’è ancora poca informazione rispetto ad altri Paesi, ma piano piano inizia a esserci molta informazione e le scuole di babywearing spuntano come i funghi. Come consulente del portare, attenta alle scuole estere faccio molta attenzione ad accompagnare i genitori che si avvicinano a me e al babywearing in un percorso fatto su misura, semplice, pratico e comodo ma, soprattutto sicuro».
Perché c’è bisogno di una figura di supporto?
«In certi Paesi portare addosso un bambino nel quotidiano è tradizione, atto naturale, purtroppo per noi non è così. Ecco che serve qualcuno che lo sappia far bene e che lo insegni altrettanto bene, affinché diventi una pratica da tramandare in sicurezza da madre a figlio, da padre a figlio».