Una delle domande che spesso mi viene posta dai genitori è: Come faccio a far uscire mio figlio dal lettone?
Come sempre non ci sono soluzioni che vadano bene per tutti, ogni famiglia è una storia a sé e, all’interno della famiglia, ogni bambino è una storia a sé
Innanzitutto è bene iniziare a riflettere sulla motivazione per la quale il bambino ha iniziato a dormire con i suoi genitori. Solo a partire da questa riflessione possiamo pensare a quale sia la strategia migliore per far sì che ognuno dorma nel proprio letto.
Molto spesso si pensa che sia una richiesta o una necessità del bambino, e tante volte, in effetti, lo è. Il bambino si sente più rassicurato sentendo il contatto, il calore, l’odore dei genitori e coccolato dall’amore di mamma e papà dorme più sereno.
Se però alla sua serenità non corrisponde la serenità dei genitori, che preferiscono ritrovare la loro intimità o dormire più comodi, sarebbe meglio far abituare il bimbo a dormire nel suo lettino.
Inizialmente, per esempio, affiancando il suo letto a quello dei genitori in modo che siano in continuità, successivamente mantenendo il lettino, separato, all’interno della stessa stanza e, solo in un secondo tempo, accompagnando il bambino nella sua stanza, creando un rituale della “Buonanotte”, che sia sempre lo stesso: ninna nanna, favola, etc. e magari inizialmente restando con lui finché non si addormenta.
La fase dell’addormentamento, infatti, è spesso problematica per il bambino che la vive come una separazione dall’altro.
Il bimbo fa di tutto per resistere al sonno, perché non vuole “perdere il controllo della situazione” e non vuole separarsi da mamma e papà. Per questo il bambino deve essere accompagnato e rassicurato, deve avere fiducia che l’altro ci sia, continuerà ad esserci e ci sarà al momento del suo risveglio.
Questa che ho appena descritto, però, è la situazione più semplice.
Il tutto si complica quando alla base del cosleeping c’è un’esigenza dei genitori, esigenza che talvolta può anche non tener conto della spinta all’autonomia che ogni bambino prima o poi esprime.
Ci si potrebbe chiedere: ma cosa spinge i genitori a voler dormire con i propri figli?
Leggiamo insieme le seguenti frasi, estrapolate da un forum di mamme:
- è davvero una meraviglia dormire con il mio piccolo. Mi sveglia la mattina o quando si addormenta mi accarezza
- siamo un tutt’uno, lui dorme sempre sul mio petto e lo tengo abbracciato
- averla vicina in fondo ci piace
- perché ci piace tanto!
- certo prendiamo calci e pugni ma in fondo è bellissimo, non torneranno mai questi tempi!
- perché, lo confesso, mi piace tenerla lì
- amo mettere il mio cucciolo nel lettone per puro e semplice piacere! Il tempo vola e… voleranno gli anni ed io mi voglio godere a pieno il mio cucciolino
- mi piace dormire con mio figlio.
Quali sono le parole che saltano agli occhi? “Godere”, “piacere”, “meraviglia”, “tutt’uno”.
Sono parole che esprimono che il piacere e il godimento del condividere il lettone non è tanto del bambino quanto dei genitori, bene che vada! Perché tante volte il piacere, il godimento sono soltanto di uno dei due genitori a scapito dell’altro.
Non sempre il cosleeping è condiviso dalla coppia, infatti. Può accadere che sia desiderato da uno dei due e subìto dall’altro; frequentemente dal papà, anche se non mancano eccezioni.
Se il cosleeping non è condiviso può diventare davvero un grande problema per la coppia, arrivando anche ad allontanamenti tra i due, non sempre recuperabili.
Un’altra motivazione di fondo, spesso taciuta, è la possibilità che il cosleeping limiti i rapporti sessuali.
Molto spesso le neomamme accusano un calo libidico, con una diminuzione del desiderio sessuale. Ciò può avere svariate cause: ormonali, stress, stanchezza ma anche l’essere totalmente assorbite dall’amore per il proprio piccolo.
Se ciò accade, si potrà trarre dal cosleeping il vantaggio di non doversi sottrarre apertamente alle richieste sessuali del partner, ma di farlo “perché c’è il bambino”.
Ci sono casi, inoltre, in cui la difficoltà è dell’uomo. Non tutti i papà sono pronti ad affrontare la paternità ed anche loro possono vivere una sorta di “Baby blues”, con manifestazioni di stress, di insicurezza, di inadeguatezza.
Altre volte, infine, gli uomini possono avere delle difficoltà a conciliare l’immagine della “donna” con l’immagine della “mamma” e anche il loro investimento libidico può risentirne, non provando desiderio sessuale nei confronti della loro donna diventata madre.
In tutti questi casi, si può ben vedere come possa essere veramente difficile fare uscire il bimbo dal lettone, rischiando anche di reprimere la sua spinta all’autonomia e creandogli insicurezza.
Il consiglio è quello di riflettere sul proprio rapporto di coppia ed eventualmente chiedere anche un aiuto psicologico per la coppia, per affrontare queste dinamiche, questo disequilibrio che si viene a creare e che necessita di un nuovo riassestamento.
Un aiuto fornito in questa fase così precoce può aiutare la coppia a non allontanarsi e ad essere per il proprio piccolo quell’esempio di amore, di intesa, di sicurezza di cui il bimbo ha estremo bisogno.