Il legame madre-bambino-papà sin dalla vita intrauterina, infatti è nella pancia della mamma che si creano le basi per lo sviluppo emotivo e fisico del bebè. Da subito si può instaurare un dialogo con il nascituro
Il feto in grembo sente le persone che parlano intorno a lui e riconosce la voce di mamma e papà. Creare un rapporto sereno col pancione può contribuire ad assicurare al bambino una “bella” vita. Il papà ha un ruolo importante già durante la gravidanza. «Il ruolo del papà è un ruolo diverso ma non meno importante, spiega la psicologa e psicoterapeuta familiare Loredana Messina. Io credo che vadano superati i pregiudizi sui papà».
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Dottoressa Messina, quando nasce la triade mamma – papà – bambino?
«Per parlare del rapporto madre/bambino/padre credo che bisogni partire da lontano e dalla teorie dell’attaccamento di Bolwby. Quest’ultimo afferma che i comportamenti di attaccamento del bambino tenderebbero a dirigersi verso un’unica figura, la madre. Soltanto diversi anni dopo Bowlby, inizia a dirigere la sua attenzione anche su altre relazioni, parlando per l’appunto di attaccamenti plurimi, anche se continuò a ritenere che esista sempre una figura principale di attaccamento.
Questo ha fatto si che la diade madre-bambino, tipica della teoria del’attaccamento, sia stata al centro dell’attenzione, “oscurando”, in qualche modo, l’importanza delle relazioni triadiche madre/bambino/padre nella vita sociale e affettiva del bambino. Ricordiamoci sempre che un bambino nasce e cresce con una coppia di genitori ed è immerso, inevitabilmente, fin dalla nascita in un mondo relazionale composto da diverse persone, come diversi studi di epigenetica ci dimostrano.
L’interazione triadica madre-padre-bambino è un’esperienza primaria ed è presente già nei primi mesi di vita. Naturalmente, soltanto intorno alla metà del primo anno di vita i bambini cambiano radicalmente la propria comprensione delle persone e cominciano ad interagire con esse in modo nuovo, cioè attraverso la mediazione degli oggetti. Bambino, adulto e oggetto diventano le componenti fondamentali di un triangolo cognitivo».
Il papà deve costruire il rapporto con il neonato dall’esterno, ovvero parte da un’altra posizione rispetto alla mamma che lo porta in grembo. Come fa?
«Il ruolo del papà è un ruolo diverso ma non meno importante. Io credo che vadano superati i pregiudizi sui papà. Quei poveri papà che se assolvono bene al loro ruolo vengono definiti “mammo”! Ebbene avendo un ruolo diverso e non portando in grembo il bambino inevitabilmente la posizione per iniziare una relazione con il nuovo arrivato sarà diversa, ma anche quella inizia dalla pancia. I bambini già in grembo sentono e riconoscono suoni tra cui le voci e naturalmente dopo la nascita verrà attratto da odore e suono della voce della mamma, ma anche dal suono della voce di papà. In condizioni di serenità, moltissimi papà partecipano attivamente alla vita gestazione di madre e quindi bambino ed è attivo e presente dall’inizio, così come la mamma».
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Il papà da dove deve cominciare a costruire il rapporto?
«Non ci sono ricette ma solamente buon senso; ogni genitore, mamma o papà che sia, deve imparare a godere dei momenti trascorsi con il proprio piccolo con calma, pazienza e serenità, anche quando la stanchezza ci sfiancherà!».
Equivoci in famiglia, liti, dispiaceri per poi spingerci più avanti in situazioni più gravi come per esempio un lutto di un familiare, cosa comportano per l’evolversi della gravidanza e per il feto?
«Io dico sempre che i nostri figli ci fanno capire fin da subito che sono delle creature diversi da noi e questo ci dovrebbe far riflettere sul fatto che purtroppo non abbiamo molta possibilità di scegliere come sarà il suo carattere o altro.
Naturalmente dobbiamo ricordare che ci sono delle quote “epigenetiche” ossia se il bambini crescerà con dei genitori affettuosi allora lui svilupperà altrettanta affettuosità mentre, al contrario, se crescerà con genitori freddi e distaccati il bambino svilupperà quel tipo di emotività e questo inciderà inevitabilmente sul tipo di attaccamento che il bambino avrà nei confronti della coppia genitoriale.
Tuttavia va ricordato che il benessere/malessere delle mamme in gravidanza e le liti, incidono fortemente sul come quella mamma sta vivendo la gravidanza ma non sul bambino. Molte volte in ospedale mi capita di sentire i parenti che dicono “lei si è spaventata e il bambino sicuramente adesso avrà problemi” se non frasi peggiori che l’unico effetto reale che hanno è quello di attivare ansie e preoccupazioni inutili nella mamma.
Le mamme dovrebbero poter vivere una gravidanza serena e più tranquilla possibile tuttavia non possiamo aspettarci di non vivere la quotidianità e quella è stressante nella maggior parte dei casi. Inoltre madre natura rimedia da se! Vero è che una donna in gravidanza ha i “famosi sbalzi ormonali” ma vi fermo a riflettere che in realtà quella quota ormonale permette alle mamme in dolce attesa di “farsi scivolare tutto”, naturalmente se il contesto non è troppo pressante».
Come comunicare con il bambino in grembo? Musica, parole…
«Scandire le giornate e concedersi del tempo per poter ascoltare i movimenti fetali ad una certa ora della giornata ascoltando magari della musica è già un buon metodo per comunicare ma anche per rilassarsi ed entrare il relazione con il bambino che cresce dentro di noi. Le modalità possono essere davvero tante ma ognuno deve trovare quelle più funzionali e congeniale sia alla propria personalità sia alla propria quotidianità che continua ad andare avanti inesorabile».
Il bonding è importante per la relazione che i genitori avranno quando il figlio sarà adulto?
«Il bonding indica quel legame profondo, specifico e permanente che permette di allattare, cullare, giocare con il proprio bambino, ma anche di proteggerlo, di non trascurarlo, di non abbandonarlo.
Si dice che il bonding permetta di utilizzare istinti nascosti sfruttando un “periodo sensibile”, che favorisce la nascita di una grande capacità comunicativa, quella stessa capacità che consente alle madri di rispondere efficacemente alle necessità del proprio bambino.
Come tutti i processi umani, anche il bonding è un processo complesso e articolato, ricco di variabili, condizionato dall’ambiente, dalle caratteristiche personali, dal tipo di parto, dallo stato di salute della mamma o del bambino.
Il mezzo più semplice ed efficace per creare un legame stabile e positivo tra i genitori e il figlio è quello di mettere il neonato nelle braccia della mamma, in contatto pelle-pelle nelle due ore successive al parto, se il loro stato di salute lo permette. In questa fase il neonato si trova nello stato di veglia tranquilla nel quale apre gli occhi, guarda i genitori, ascolta la loro voce e cerca da solo il seno della mamma. Il bonding è iniziato e nulla può fermarlo.
Nelle situazioni in cui il neonato deve essere separato dalla mamma per questioni di salute e compliance alla vita, il bonding avviene in maniera diversa. In questi casi è molto importante che i genitori possano poter vedere il loro bambino e appena possibile abbiano la possibilità di toccarlo e accarezzarlo; un momento di intimità è possibile anche in presenza di strumentazioni sanitarie.
Un recente studio condotto sui neonati pretermine ricoverati in terapia intensiva ha dimostrato come le interazioni sensoriali tra la mamma e il bambino producano effettivi importanti: non soltanto migliorando le condizioni emotive di entrambi aiutandoli a superare lo stress della separazione, ma influendo in modo positivo sul loro sviluppo cognitivo e comportamentale.
Anche quando il neonato è in una incubatrice è possibile interagire con lui, utilizzando la voce, gli sguardi, le carezze, e quando sarà possibile, finalmente, prenderlo in braccio, attraverso un’assistenza con il “metodo canguro”, metodo utilizzato in molti reparti utin.
Cosa succede dopo che la mamma partorisce?
«Il bonding è sicuramente importante e molti studi lo hanno dimostrato; fisiologicamente ad esempio nelle due ore successive al parto sono presenti una serie di ormoni che svolgono un ruolo specifico nella relazione madre/figlio.
L’ossitocina, raggiunge le più alte concentrazioni nel sangue materno dopo mezz’ora dal parto, stimolando comportamenti di accudimento; le endorfine determinano capacità percettive e ricettive, sensazioni di piacere e gratificazione;
L’adrenalina materna rende la madre energica, attenta. L’adrenalina fetale permette al neonato l’adattamento al mondo extrauterino favorendo il processo dell’attaccamento. Per ultima la prolattina agisce sui comportamenti materni di accudimento e per la formazione della “montata lattea”.
È evidente che nelle prime ore di vita si crea una relazione madre/bambino/padre e quella sarà la relazione che giorno dopo giorno si modificherà in base a bisogni e richieste del bambino, e quella sarà la relazione che ci accompagnerà anche quando nostro figlio sarà grande!».