Il bambino crescendo acquisisce autonomia. Si tratta di un processo naturale e i genitori devono assecondarlo. Non occorre entrare nel panico piuttosto occorre comprendere che i bisogni del bambino cambiano e lui li manifesta con delle richieste specifiche
La separazione dai genitori, sia essa per un brevissimo periodo o prolungato nel tempo, è un processo che prima o poi genitori e bambini devono sperimentare. Se da un lato i genitori possono viverla con angoscia e senso di vuoto, per i bambini, distaccarsi autonomamente, è sinonimo di crescita e imposizione della propria personalità.
Con i consigli della psicologa e psicoterapeuta Claudia Galiano, scopriamo piccoli accorgimenti che permettono di vivere con maggiore serenità questo distacco e far respirare ai piccoli, aria di autonomia.
Dottoressa Galiano alla frase: “Mamma voglio dormire nel mio lettino” spesso i genitori sono impreparati e non sanno gestire il distacco…
«Ciascuna famiglia ha le proprie modalità di gestione della routine quotidiana, tra cui la condivisione o meno del lettone durante la notte. L’autonomia di un figlio, anche rispetto al sonno, dovrebbe sempre essere favorita dai genitori sin dai primi anni di vita del bambino, rispettandone ovviamente i tempi. Qualora ciò non accadesse e il bambino esplicitasse chiaramente il desiderio di avere un proprio letto sarebbe auspicabile incoraggiarlo poiché evidentemente sta comunicando di aver necessita dei suoi spazi».
A che età è consigliabile dare maggiore autonomia al bambino?
«Lo sviluppo dell’autonomia è un processo che ha inizia fin dai primi giorni di vita. Un bambino è geneticamente programmato per evolvere e camminare, parlare, controllare gli sfinteri e, in linea generale, ci sono dei periodi di riferimento per le acquisizioni delle varie competenze, anche se non vanno intesi in maniera troppo rigida poiché occorre rispettare le differenze individuali di ciascun bambino.
I genitori dovrebbero incoraggiare e gratificare sin da subito i tentativi di autonomia in ogni tappa dello sviluppo del figlio, facendogli sperimentare anche le esperienze negative (farsi male, cadere, ect..). Il controllo degli sfinteri avviene in genere intorno ai 2-3 anni ma spetta sempre al genitore saper comprendere il momento in cui un figlio è pronto per una tappa successiva».
È normale vivere il distacco dal proprio figlio come un trauma?
«Dipende da che tipo di distacco si parla, ci sono certamente distacchi traumatici se essi sono forzati e duraturi nel tempo. Se ci si riferisce al distacco dato dalle normali richieste di autonomia di un figlio allora le cose sono diverse. In questo caso spesso è la paura a far vivere la separazione in modo traumatico. Mi viene in mente da un lato la paura che al bambino possa accadere qualcosa di spiacevole in assenza della madre (es. se dorme in un’altra stanza la paura che possa soffocare).
Le paure possono comunque trasformarsi in modo costruttivo in una sana prudenza con cui il genitore accompagna il figlio nel percorso verso l’autonomia; oppure possono ostacolare tale percorso cristallizzando lo sviluppo psico-affettivo e relazionale del figlio, pensiamo alla mamma “chioccia” che limita la libertà del bambino.
D’altra parte il problema potrebbe riguardare la paura di perdere il proprio ruolo centrale nella vita del bambino. Spesso ci si identifica cosi tanto nel ruolo genitoriale, a discapito degli altri ruoli sociali, che man mano che i figli crescono e richiedono libertà, la madre sperimenta un senso di vuoto che fatica a fronteggiare».
Quali passi, i genitori, devono compiere per un distacco dai figli che incoraggi la loro autonomia?
«Probabilmente mi ripeterò: non ci sono passi o regole precise per condurre un figlio all’autonomia. Ciascun bambino ha i suoi tempi, spetta ad ogni genitore il compito di osservare il proprio figlio e cercare di individuare i segnali che evidenziano che il bambino è pronto per iniziare ad acquisire nuove autonomie. Maggior fiducia dunque nelle proprie competenze genitoriali e nelle potenzialità dei bambini. Se un bambino si trovasse in forte ritardo rispetto al parlare, camminare, giocare, stare solo o allo spannolinamento ciò salterebbe all’occhio non solo della famiglia ma anche del pediatra».
Molto spesso i genitori evitano di “lasciare” ai nonni i propri figli per paura di distaccarsi da loro. Come agire?
«I nonni sono una delle più grandi ricchezze per lo sviluppo affettivo di un bambino. A meno che non ci siano situazioni particolari, togliere ad un bambino la possibilità di trascorrere tempo con i nonni significa privarli della possibilità di costruire un bagaglio affettivo relazionale di inestimabile valore che lo accompagnerà nella vita anche quando questi non ci saranno più. Le modalità relazionali dei nonni nei confronti dei bambini sono inevitabilmente diverse da quelle dei genitori e a quelle di questi ultimi si integrano per fornire al piccolo un sistema di norme e valori che gli è necessario nella vita».