Sei uno scout? Sarai un adulto più sereno

Sei uno scout? Sarai un adulto più sereno
Sei uno scout? Sarai un adulto più sereno

Essere scout e quindi vivere all’aperto,  fa bene alla salute fisica e psicologica dei bambini e dei ragazzi. Lo scoutismo fa riscoprire natura, manualità, fantasia, gioco «Tira fuori i talenti dei ragazzi»

Le responsabilità che un genitore ha nei confronti dei propri figli si sa, sono molte. Soprattutto quelle legate all’educazione da impartire. Non esistono, infatti, figli ben educati casualmente. È questo un risultato che si ottiene attraverso un lavoro costante e impegnativo. È il frutto di scelte e riflessioni quotidiane che porteranno il bambino a crescere nel segno dell’autostima, dei valori e del rispetto nei confronti del prossimo.

Io stessa, ripensando alla mia infanzia e alla mia adolescenza con un sorriso misto a nostalgia, non posso che essere grata per alcune scelte che i miei genitori hanno preso per me. Una tra queste, l’avermi permesso di frequentare il gruppo scout del mio paese. Un’esperienza che vive ancora in me e che continua a condizionare le mie scelte e il mio modo di relazionarmi con gli altri e la natura. Ma chi sono gli scout? E perché un genitore dovrebbe incoraggiare i propri figli a intraprendere questo percorso? Lo abbiamo chiesto a Sergio Guttilla, Capo gruppo scout Agesci Bolognetta 1° e Consigliere generale Agesci.

Si sente spesso parlare degli scout. Ma l’idea che si ha non sempre coincide con la realtà. Ci spieghi cosa è lo scoutismo e chi sono gli scout?

«Lo scoutismo dal punto di vista dell’educando è prettamente un grande gioco avventuroso che si basa principalmente sul ritorno alle cose semplici natura, manualità, fantasia, gioco; per l’educatore è invece un “metodo” vincente per tirar fuori da ogni educando quei talenti che ogni bambino, ogni ragazzo, ogni giovane, conserva dentro di sé. L’idea vincente del fondatore Baden Powell infatti si basa sul concetto di autoeducazione, sul protagonismo che ogni educando deve avere nella costruzione del suo percorso educativo. Non una istruzione dall’alto, ma una educazione che parte dai desideri e dalle capacità naturali di ogni singolo. Un esempio tra tutti: le specialità. Quei piccoli “stemmini” che si cuciono nella camicia sono una delle prime intuizioni fondamentali. Un ragazzo non deve per forza conoscere tutto: ma diventare specialista in qualcosa che lo incuriosisce e poi lo appassiona. E tutta l’acquisizione di competenze è sempre votato a uno dei principi cardini dello scoutismo che è il servizio, il mettere a disposizione le proprie competenze per gli altri in maniera gratuita e disinteressata. Io imparo perché voglio essere utile».

Perché un genitore dovrebbe spingere i propri figli ad intraprendere questo percorso?

«Lo scoutismo è un bel gioco da giocare, che progressivamente fa acquisire autonomia, responsabilità, competenza. Molti genitori di ragazzi scout apprezzano proprio questo: la capacità che si acquisisce nel sapersela cavare nella vita. Alcune esperienze scout formano il carattere rendendo progressivamente i ragazzi sempre più autonomi nelle scelte e nelle competenze. E questo è un ottimo motivo almeno per provarci. Il percorso scout finisce a 20 anni. E il ragazzo ventenne avrà di certo un bagaglio di esperienze, di scelte significative che potrà mettere a servizio degli altri. Negli ultimi anni da educando infatti, gli scout fanno reale esperienza di “servizio”, dedicando due ore alla settimana per rendersi utili per gli altri. Ed è questo lo “stile” che uno scout avrà dopo tutta l’esperienza: pensare che una vita spesa solo per sé stessi e una vita vuota e senza senso. Perché lo scopo dello scoutismo è educare i ragazzi ad essere felici e, per gli scout, “la vera felicità è nel rendere felici gli altri”».

Come è iniziata la sua esperienza all’interno di un gruppo scout?

«Io ho iniziato “da grande”, avevo 16 anni e non avevo idea di cosa fosse lo scoutismo. Sono stato coinvolto in una uscita in tenda, col fuoco, le stelle, e mi sono subito innamorato di quella vita semplice».

Ritiene la proposta educativa valida anche oggi?

«La proposta educativa scout è cambiata molto nel tempo. La mia associazione, Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, ama molto le sperimentazioni e gli aggiornamenti metodologici, per essere sempre pronta a rispondere alle esigenze educative dei tempi, che molte volte sono delle vere e proprie emergenze. È fortemente valida la proposta laddove vi è bisogno di luoghi di aggregazione, o meglio ancora, luoghi di comunità. Perché, principalmente, lo scoutismo è un luogo di esperienze, confronti e pensieri comunitari, vissuti nello spirito democratico, con uno stimolo alto alla cittadinanza attiva, educazione alla legalità, al rispetto dell’ambiente, al rispetto degli altri. Tutti valori decisivi per il mondo di oggi sempre più votato a valori di sopraffazione, individualismo, indifferenza».

Quanto è stata ed è forte la dimensione spirituale e religiosa nel tuo percorso come scout?

«Lo scoutismo, anche quello laico, vive fortemente una dimensione spirituale. Il contatto con la natura nell’essenzialità delle cose, toglie di mezzo tutte quelle sovrastrutture artificiali che, specialmente in Occidente, distolgono lo sguardo dalle cose “prime”, da quelle domande essenziali che ci trasformano da “uomo-consumatore” a “uomo-persona”. Per il fondatore dello scoutismo Robert Baden Powell, la dimensione religiosa è parte stessa dello scoutismo, risultando due cose inscindibili. Anche se il processo di secolarizzazione ha prodotto nel mondo associazioni scout “atee”, credo che per quanto riguarda me e i capi dell’Agesci, la spinta di Servizio cristiano sia una determinante per tutto il tempo gratuito e volontario che occupano i capi scout nell’educare i ragazzi».

A quanti anni si può aderire?

«Si può diventare Lupetti o Coccinelle a 8 anni. Ma in alcune realtà è possibile iscrivere i propri figli a 6 anni laddove è presente l’associazione nazionale castorini».

Una domanda un po’ banale ma che molte mamme si pongono: i bambini che indossano anche durante l’inverno pantaloncini e camicia, non rischiano di ammalarsi? Si discute di questo all’interno della vostra comunità o no?

«L’uniforme scout è un segno distintivo dell’associazione da sempre. Questo non vuol dire che si debba seguire irrazionalmente la regola se condizioni atmosferiche non lo permettono. L’uniforme scout prevede anche i pantaloni di velluto lunghi e sulla camicia si può indossare un maglione e la giacca a vento. Essendo io uno scout siciliano, non ho esperienza di giornate talmente fredde da costringere a correre a i ripari. Per questo tendenzialmente non usiamo i pantaloni lunghi. L’idea dei pantaloncini nasce anche dal fatto che questi ultimi al variare della crescita possono essere sempre indossati senza acquistarne di nuovi (e i ragazzi che fanno scoutismo sono proprio nella fase di crescita) Ma in ogni caso, con buon senso, nessun capo rischierebbe di far ammalare i propri ragazzi».

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