Le indagini pre-natali sono rivolti a tutte le donne gravide e si basano su valutazioni periodiche
La diagnostica prenatale può essere più specifica ed indirizzata verso quelle pazienti che presentano determinate caratteristiche, tra le quali:
- età materna >35 anni (con l’aumento dell’età materna si incrementano i rischi di anomalie cromosomiche nel feto);
- aborto abituale o ripetute morti neonatali;
- precedente figlio con malformazioni congenite;
- esposizione a radiazioni e ad agenti teratogeni (cioè agenti che possono indurre mutazioni dei geni cromosomici);
- rischio di talassemia o altre emoglobinopatie;
Un cenno a parte merita la Sindrome di Down (o mongolismo come si chiamava in passato): è la più frequente alterazione cromosomica ed è una delle principali cause di ritardo mentale.
La percentuale di casi di S. di Down nati da madri oltre i 35 anni è del 30.6%, una quota minore nasce da madri più giovani.
Queste ultime, paradossalmente, risultano in un certo senso meno protette perché più difficilmente si sottopongono ad una ricerca diagnostica (amniocentesi) per la malattia. Per tale ragione si stanno individuando Test di screening affidabili che selezionano le donne più a rischio da sottoporre all’esame del cariotipo (cromosomi) fetale.
Studi recenti hanno dimostrato che il dosaggio di alcune sostanze nel sangue materno (PAPP-A e free (frazione libera) beta-HCG) può contribuire ad identificare l’ipotetico rischio di S. di Down.
Tale indagine può essere svolta già dalla 11ª settimana di amenorrea: richiede, oltre a particolari dati ecografici come la misurazione della translucenza nucale, un’analisi computerizzata ed ha un’attendibilità di circa il 90%. Esistono altri test affidabili che individuano addirittura i cromosomi più a rischio con un semplice prelievo del sangue.
In pratica il campo della prevenzione pre-natale, oltre a tutta la gamma delle malattie genetiche abbraccia anche una patologia più strettamente ostetrica:
- profilassi della gestosi (ipertensione in gravidanza)
- diabete gestazionale
- insufficienza feto-placentare
- parto-prematuro
- incompatibilità Rh
Quest’ultima condizione può avverarsi nei casi in cui la madre sia Rh negativa ed il padre Rh positivo, specialmente nelle gravidanze successive alla prima, ove è stata, già, sviluppata una reazione immunitaria contro i globuli rossi del feto.
Il pericolo di una incompatibilità va anche sospettato alla prima gravidanza, qualora si siano verificati aborti precedenti o trasfusioni di sangue: in queste circostanze è indispensabile eseguire un test che accerti se è in corso o meno la reazione contro i globuli rossi fetali: ”Test di Coombs”. Il test è da ripetere a cadenza mensile.
Le principali metodiche diagnostiche ostetriche, attualmente a nostra di- sposizione, sono:
- l’ecografia
- l’amniocentesi (prelievo di liquido amniotico)
- la cordocentesi (prelievo di sangue fetale dal cordone ombelicale)
- il prelievo dei villi coriali (tessuti placentari).
L’ECOGRAFIA
É un’ esame innocuo per la madre e per il feto, che deve essere praticato a tutte le donne in gravidanza. Sfrutta onde ultrasonore non percepibili dall’orecchio umano che vengono convertite in immagini.
Si attua ponendo la paziente distesa sul lettino in posizione supina. Si espone l’addome e lo si cosparge di un gel, in modo da permettere un buon contatto fra la cute e la sonda.
L’esame viene condotto al buio e con la vesciva piena (solo nelle prime settimane!) per allontanare le anse intestinali dallo scavo pelvico e permettere una chiara visualizzazione dell’utero e del suo contenuto. Sarebbe anche meglio avere l’intestino vuoto in modo da migliorare il campo di osservazione.
In alternativa e nei primi mesi di gestazione è molto efficace anche la tecnica con sonda transvaginale.
Ai successivi controlli l’utero gravido, maggiormente cresciuto, permetterà la visione diretta.
Generalmente, durante una gravidama normale, sono indicati 3 o 4 controlli eco grafici dalle prime settimane di gestazione fino alla fine della gravidama.
Possiamo elencare alcune delle principali indicazioni per un esame ecografico in corso di gravidanza:
- monitoraggio della crescita fetale al 1°, 2 °, 3° trimestre (misurazione cefalica, misurazione degli arti, misurazione dell’addome, etc.)
- indagine degli organi interni alla 20″-22a settimana di amenorrea (eco morfologica);
- diagnosi di gravidanza gemellare;
- diagnosi di patologia in gravidanza;
- stato di benessere fetale (Profilo Biofisico);
- valutazione della vascolarizzazione del cordone ombelicale tramite l’eco-doppler;
- diagnosi di oligoidramnios (riduzione del liquido amniotico) o di polidramnios (aumento del liquido amniotico);
- morte endouterina del feto (M.E.F.).
L’esame ecografico nella diagnosi prenatale precoce è ormai assolutamente indispensabile non solo per lo studio del feto, ma serve anche per effettuare altre indagini come l’amniocentesi, la cordocentesi ed il prelievo dei villi coriali.
Infatti, proprio l’ecografia ha permesso il perfezionamento delle tecniche su esposte; queste ultime hanno aperto nuovi orizzonti alla Medicina Prenatale superando, per minore invasività, la stessa fetoscopia che è stata la prima metodica diagnostica a permettere l’accesso diretto alla circolazione fetale, insieme alla visione delle strutture anatomiche feto-placentari.
Ma l’indagine ecografica non può essere ingrado di diagnosticare tutte le malattie malformative o genetiche; alcune di esse, generalmente meno gravi, passano inosservate anche ad esami molto accurati. Ma altre, forse le più importanti, non sfuggono alla diagnosi e ciò consente di preparare per tempo interventi chirurgici che vengono attuati anche poche ore dopo la nascita.
L’AMNIOCENTESI
É rivolta, principalmente, alla scoperta delle anomalie cromosomiche mediante l’analisi delle cellule fetali che si trovano nel liquido amniotico. L’analisi biochimica del liquido permette, invece, il dosaggio dell’alfa-fetoproteina che può svelare eventuali difetti del tubo neurale (futuro sistema nervoso).
La tecnica consiste nel prelievo di liquido dalla cavità amniotica, tramite la puntura della cute dell’addome fino all’utero, sotto guida ecografica, in un’epoca della gestazione che va dalla 15ª alla 20ª settimana di amenorrea.
Il rischio maggiore è l’aborto che può verificarsi in una percentuale dello 0.5% dei casi.
È possibile che l’esame debba essere ripetuto per il fallimento della crescita cellulare e ciò accade, nel 3% circa dei casi. Questo fenomeno è dovuto alla complessità della tecnica di laboratorio. Il risultato ha un’ attendibilità diagnostica del 99.5%.
Si tratta, quindi, di un esame moderatamente invasivo, ma non per questo eccessivamente doloroso per la paziente: esso richiede un periodo di riposo, di pochi giorni, dopo il prelievo.
Lo studio delle cellule fornirà l’esito del cariotipo (cromosomi) fetale dopo 2 settimane circa dal prelievo. In futuro, il risultato sarà pronto dopo appena 24 ore.
LA CORDOCENTESI
La puntura di uno dei vasi del cordone ombelicale per il prelievo di sangue fetale, sotto controllo ecografico, è definita cordocentesi. È una tecnica più precoce dell’amniocentesi e viene utilizzata per l’esame del cariotipo, per lo studio dell’anemia mediterranea.
Nei casi di anemie fetali gravi da incompatibilità del fattore Rh con la stessa metodica si può praticare una emotrasfusione.
LA BIOPSIA DEI VILLI CORIALI
Una tecnica alternativa all’amniocentesi è la biopsia dei villi cariali. Questi ultimi sono delle strutture appartenenti al tessuto placentare, il cui esame bioptico (studio delle cellule dell’embrione) è utile per la ricerca di talune patologie. Questa procedura presenta il vantaggio di potersi eseguire in fase precoce; i risultati sono molto attendibili e determinabili più rapidamente.
Il prelievo viene eseguito tra la 9ª e la 11ª settimana di gestazione. Il rischio di aborto è molto basso, ma maggiore rispetto al prelievo di liquido amniotico e richiede un’organizzazione tecnica da parte dei genetisti biologici non sempre, facilmente, realizzabile.
Ultimamente è stata sperimentata con successo un’ altra tecnica che pre vede il prelievo delle cellule embrionarie, per via vaginale, tramite un sistema di lavaggio attraverso il quale avviene il recupero dal secreto vaginale stesso. Tale tecnica, oltre ad essere atraumatica sarebbe attuabile già dalla settima settimana ma ricordiamo che essa è ancora in via di sperimentazione.