La parola cuore è ripetuta da ognuno di noi un numero di volte illimitato, non è un caso, piuttosto questo indica l’importanza di questo organo che deve, o meglio dovrebbe funzionare alla perfezione. «Sono ormai poche le cardiopatie che lasciano senza speranze – spiega Sabrina Spoto, cardiologo pediatra all’UOC dell’ospedale Di Cristina di Palermo- ». Si può fare diagnosi prenatale e scoprire problemi che si possono risolvere grazie alla medicina
Recita il luogo comune – che poi tanto luogo comune non è – che il cuore è il motore di tutta la nostra vita. Capita però che, quando si aspetta un bambino o quando questo viene alla luce, alcuni dubbi pervadano la mente dei neo genitori. Piccole malformazioni congenite, “vizi cardiaci”, insufficienze. Parole che arrivano a paralizzare la gioia per il nuovo venuto. Spesso, però, le paure dei genitori sono rassicurate dalla scienza medica.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Sabrina Spoto, cardiologo pediatra all’UOC dell’ospedale Di Cristina di Palermo.
Dottoressa, partiamo con una domanda non proprio scontata. Il cuore di un neonato corrisponde a quello di un adulto, ma in miniatura?
«Il cuore del neonato diverrà il cuore di un adulto, ma alla nascita è completamente differente. Partiamo da un assunto importante: durante la vita fetale i polmoni sono inattivi. La circolazione sanguigna sfrutta la placenta ed è tutta supportata dalla porzione destra del cuore che sarà pertanto prevalente.
Alla nascita il cuore del neonato dovrà subire un processo di adattamento alla vita extrauterina e si realizzerà un graduale passaggio dalla prevalenza destra a una prevalenza della porzione sinistra del cuore così come si osserva nell’ adulto. Al primo atto respiratorio, l’espansione del torace richiamerà nei polmoni una notevole quantità di sangue.
Per questo fatto, nel cuore del neonato il sangue, anziché passare dal ventricolo destro, attraverso il cosiddetto dotto di Botallo, nell’aorta (come avveniva in utero), viene aspirato nelle arterie polmonari che si dirigono ai polmoni.
Ciò determinerà non solo la chiusura del dotto di Botallo, ma si chiuderà anche il foro tra i due atri (anch’ esso necessario per la circolazione fetale), poiché il sangue dell’atrio destro viene tutto aspirato nel ventricolo destro.
Incomincia così la vera circolazione polmonare che durante la vita fetale aveva solo il compito di nutrire gli organi della respirazione. La metà destra e sinistra del cuore saranno definitivamente separate.
Questo cambiamenti avvengono nelle prime giornate di vita, anche se talvolta richiedono tempi più lunghi (in tal caso si parlerà di persistenza della circolazione fetale)».
Quando questo e altri meccanismi non si innescano per come dovrebbero, in parole povere, ci troviamo di fronte alle cardiopatie congenite. Quali sono le più diffuse?
«Le cardiopatie congenite si riscontrano in 8 pazienti su 1000 nati vivi e costituiscono circa un terzo di tutti i difetti congeniti.
Le cardiopatie congenite più frequenti sono per fortuna quelle relativamente meno gravi o, comunque, suscettibili di correzione chirurgica totale e risolutiva.
La cardiopatia congenita in assoluto più frequente è il difetto del setto interventricolare, seguita dal difetto del setto interatriale, dal dotto arterioso pervio, dalla stenosi polmonare, dalla tetralogia di Fallot, dalla coartazione aortica, dalla trasposizione dei grossi vasi ed infine dalla stenosi aortica».
Parliamo più in dettaglio di queste cardiopatie?
«Il difetto del setto interventricolare è una cardiopatia congenita caratterizzata dall’assenza di una porzione del setto che divide i due ventricoli .
Allo stesso modo il difetto del setto interatriale è un “buco” in corrispondenza del setto che divide i due atri.
Questi difetti sembrerebbero conseguenza di un arresto nella tappa di sviluppo del cuore, nella quale appunto il cuore si sepimenta, cioè si divide, separando la metà destra da quella sinistra .
Sono difetti che possono ritrovarsi isolati o far parte di cardiopatie ben più complesse così come di quadri sindromici.
La stenosi polmonare è un restringimento di entità variabile dell’ arteria polmonare. Tale restringimento, quando presente, più comunemente si osserva a livello della valvola polmonare, ma talora è presente al di sopra (stenosi sopravalvolare) o al di sotto della valvola stessa ( stenosi sottovalvolare).
Anche questa anomalia può presentarsi in maniera isolata o essere parte di cardiopatie congenite complesse. A seconda del quadro riscontrato, si provvederà alla diagnosi e alle indicazioni conseguenti.
Il forame ovale – noto ai più per la vicenda del calciatore Antonio Cassano – è una comunicazione esistente tra i due atri necessaria per la vita del feto. Questo foro permette, infatti, al sangue ossigenato proveniente dalla placenta di bypassare parzialmente la circolazione polmonare (abbiamo già ricordato che in questa epoca i polmoni sono inattivi) e di distribuirsi ai diversi organi.
Alla nascita col primo atto del respiro si determina un aumento di pressioni in atrio sinistro capace di determinarne la chiusura. Comunemente tuttavia ciò avviene più tardivamente (talora entro i 3 anni di vita) o può, addirittura nel 30% dei casi, restare per sempre pervio.
Non si può definire “cardiopatia” in senso stretto, tuttavia , a volte, può concorrere ad aumentare il rischio di ictus cerebrale, specie in soggetti che fanno sport subacquei o che presentano alterazioni della coagulazione.
Ciò che può succedere, infatti, è che coaguli che si formano normalmente nel sistema venoso (o le bolle d’ aria che si formano durante la risalita dopo le immersioni) attraversino il forame ovale senza essere “filtrati” dal polmone ed arrivino al circolo cerebrale.
Ciò non equivale a dire che debba dare segni di sé sempre (perché nella maggioranza dei casi resterà silente) né che debba essere sempre corretto. La chiusura infatti, realizzata con posizionamento di opportuni device, è riservata ai casi con specifica sintomatologia neurologica (ictus o cefalee ricorrenti), supportata dal riscontro di lesioni ischemiche all’ RMN encefalo.
Il dotto arterioso (o dotto di Botallo), come anticipavamo prima, qualora restasse aperto, determinerebbe, anche dopo la nascita, il passaggio di sangue tra le due arterie con conseguente sovraccarico di lavoro per il cuore.
Nella maggior parte dei casi si tratterà di dotti di piccole dimensioni e quindi ben tollerati , talora però possono essere di dimensioni cospicue , determinare iper afflusso di sangue ai polmoni, infezioni respiratorie ricorrenti e ingrandimento delle sezioni di sinistra del cuore.
In quest’ ultimo caso verrà posta l’indicazione alla chiusura (chirurgica o con posizionamento di device con metodiche interventistiche). La chiusura è raccomandata anche per il potenziale rischio di infezioni e di dilatazione con potenziale formazione di aneurismi e dunque di rottura».
Una strada da percorrere per giocare d’anticipo in termini di diagnosi è l’ecocardiogramma fetale. Parliamone meglio?
«Si tratta di un’ ecografia del cuore fetale, che viene eseguita dalla 18 esima alla 23esima settimana di gestazione.
È un esame che dà molte risposte, soprattutto relativamente alle malformazioni più severe. Tuttavia è bene ricordare che , specie in caso di esame eseguito troppo precocemente, lesioni troppo piccole o lesioni con caratteristica di evolutività, come le stenosi polmonari, potrebbero non essere diagnosticate.
Occorrerebbe eseguirla sempre, poiché durante l’ecografia morfologica, che il ginecologo esegue nella stessa epoca, viene certamente visualizzato il cuore, ma l’attenzione viene posta per lo più semplicemente sulla presenza delle 4 camere cardiache.
Sarà solo l’occhio esperto del cardiologo pediatra, invece, a valutare anche i flussi e dunque porre attenzione anche alle eventuali cardiopatie.
Le indicazioni all’esame sono, in senso stretto: la familiarità, delle particolari condizioni del battito fetale, riscontri cromosomici durante gli screening prenatali, anomalie riscontrate durante l’esame ecografico ostetrico .
Alcune patologie materne come il diabete pre-gestazionale, specie se con fasi di scompenso durante la gravidanza, le connettiviti o le infezioni intercorse in gravidanza predispongono all’insorgenza di cardiopatie congenite».
Cosa accade quando si ha la diagnosi prenatale di una cardiopatia?
«La diagnosi prenatale delle cardiopatie congenite ha diverse implicazioni a seconda dell’epoca gestazionale, in cui viene posta: quando posta precocemente, quindi entro le 24 settimane di gestazione e in presenza di gravi cardiopatie, pone la coppia di fronte alla complessa decisione di condurre o meno a termine la gravidanza».
Si riesce, oggi più di ieri, a evitare la difficile scelta dell’interruzione di gravidanza?
«Assolutamente si. La conoscenza della patologia cardiaca fetale fa sì che si possa programmare al meglio il follow-up cardiologico in gravidanza e soprattutto stabilire “tempo e luogo del parto”, finalizzati all’ assistenza precoce e completa del neonato ad alto rischio (alcune cardiopatie infatti necessitano di intervento cardiochirurgico già nelle prime ore di vita).
Anche in Sicilia sono attivi centri di cardiochirurgia neonatale, che garantisco intervento immediato e che fanno sì che, nella maggior parte dei casi, i neonati possano avere un’aspettativa di vita paragonabile a quella dei bimbi nati sani».
Grandi progressi quindi e belle speranze per la vita che arriva?
«Indubbiamente. Poche sono ormai le cardiopatie che lasciano senza speranze, questo per dare coraggio a quei genitori che si trovano di fronte a diagnosi difficili da accettare, ma che non devono compromettere la gioia di una nuova vita».