Dislessia, i consigli della psicologa

Dislessia, i consigli della psicologa
Dislessia, i consigli della psicologa

La dislessia è uno dei disturbi dell’apprendimento che si manifesta quando il bambino inizia a leggere e a scrivere. Un intervento tempestivo e precoce può ridurre le difficoltà dei dislessici limitandone il disagio psicologicoLa dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento che rende più difficile imparare a leggere e scrivere, tanto da influenzare negativamente il rendimento scolastico. I bambini omettono parole o parti di parola, invertono lettere o numeri, hanno difficoltà ad associare il suono con la lettera corrispondente. «Se il bambino spesso manifesta eccessiva stanchezza, ripete sempre “non ce la faccio più” è importante che i genitori non sottovalutino questa richiesta di aiuto, spiega la psicologa Maria Concetta Vadalà, esperta in neuropsicologia che lavora presso lo studio I Care di Catania e di Palermo. È importante lavorare sull’autostima e sulla socializzazione per evitare l’etichettamento e accrescere la consapevolezza nei compagni di classe».

Dottoressa Maria Concetta Vadalà cosa è la dislessia?

«La dislessia è una difficoltà che viene più comunemente inserita all’interno dei famosi DSA cioè Disturbi Specifici dell’ Apprendimento. Utilizzo la parola “difficoltà” perché io per prima penso che la parola “disturbo” sia davvero brutta da sentire e soprattutto da spiegare ai genitori e ai loro piccoli.
La dislessia è la difficoltà selettiva della lettura in presenza di capacità cognitive adeguate e di adeguate opportunità sociali e relazionali e in assenza di deficit sensoriali e neurologici. Questa definizione mette in chiaro che si può fare diagnosi di dislessia quando le capacità cognitive cioè di memorizzazione/ attenzione/ percezione degli stimoli/ ragionamento sono adeguate, e quando sono adeguate le possibilità sociali quali l’accesso all’alfabetizzazione/ l’integrazione e inclusione sociale».

Ci sono cause ben precise?

«Si deve inoltre fare una distinzione molto precisa tra dislessia evolutiva che interessa maggiormente i bambini e dislessia profonda dovuta a traumi neurologici.

Le aree del cervello coinvolte in queste funzioni logiche superiori di letto-scrittura sono molteplici e complesse. Il viaggio della parola scritta inizia dal canale visivo: ogni occhio divide il campo visivo in due emicampi e ognuno di essi viene inviato all’emisfero cerebrale controlaterale. Gli stimoli visivi, nel nostro caso la parola formata da lettere e spazi , devono raggiungere il lobo parietale sinistro dove si trova il centro del linguaggio, e questo passaggio avviene attraverso due vie: la via lessicale che riconosce l’ortografia, il significato, e il suono dei simboli che vedo e la via non-lessicale che permette la traduzione da grafema cioè dal simbolo scritto al fonema suono nella mia lingua.

Questo viaggio avviene in modo efficiente ed efficace grazie al corpo calloso. Quest’ultimo ha l’importantissimo compito di connettere i nostri due emisferi (destro e sinistro) e di facilitare la comunicazione intraemisferica (all’interno dello stesso emisfero).

Ancora non si sa bene quali siano le cause organiche della dislessia e ci sono studi recenti che parlano di motivi genetici e familiarità sul cromosoma 15, altri studi parlano di cervelli che hanno un modo diverso di lavorare cioè vi è minore complicità tra via lessicale e via non-lessicale; o  ancora si pensa a un problema di “lateralizzazione”  che dipende dalla velocità con cui il corpo calloso invierebbe le informazioni necessarie da un’emisfero all’altro, per la sintesi del linguaggio.

Una variabile certa che influenza la comparsa di dislessia è l’interazione con l’ambiente e il modo in cui l’apprendimento viene proposto è determinante sulla capacità dei bambini di raggiungere gli obbiettivi didattici richiesti».

In caso di dislessia come si fa la diagnosi?

«La diagnosi viene fatta attraverso dei test specifici che solitamente somministrano i neuropsichiatri infantili o gli psicologi specializzati in neuropsicologia. La valutazione presso il servizio pubblico è consigliata dagli 8 anni. Ma questo non vuol dire che se si notano specifiche difficoltà prima degli 8 anni non si possa intervenire in contesti specialistici anche a partire dai 5 anni.

Vengono in primis somministrate delle batterie di test per la valutazione di capacità cognitive come la WISC e MATRICI DI RAVEN per poi procedere con le batterie specifiche, una delle più usate e che io ritengo completa è la batteria per la valutazione  della dislessia e della disortografia evolutiva, (Sartori,Tressoldi) in cui ci sono 9 prove di lettura e 3 di scrittura e riesce a mettere in evidenza la frequenza degli errori e il processo di sintesi fonetica.

L’obiettivo non deve essere fermarsi ad avere una diagnosi con risultati e numeri. È bene infatti affidarsi ad esperti perché una buona diagnosi permette di comprendere le risorse e il funzionamento del piccolo paziente».

Esistono terapie per la dislessia?

«Non esistono terapie farmacologiche né integratori o tipi di alimenti che modifichino le strategie di apprendimento. È consigliato cercare la collaborazione degli insegnanti, una volta resa nota la diagnosi, facilitare i programmi scolastici e insegnare in classe l’utilizzo di strumenti compensativi come l’alfabetiere, calcolatrice, mappe concettuali per la ripetizione orale, diminuire il carico di compiti scritti, favorire la lettura a mente e usare tablet con correttore.

Esiste una legge che tutela i DSA, la legge 170 del 2010 a cui ogni genitore può fare riferimento, questa legge tutela gli studenti che affrontano esami per accertarne che vengano rispettati i loro diritti allo studio. È importante lavorare sull’autostima e sulla socializzazione per evitare l’etichettamento e accrescere la consapevolezza nei compagni di classe.

Io consiglio ai genitori di affidarsi ad uno specialista, psicologo  specializzato in neuropsicologia o DSA per avviare un training specifico e un doposcuola specializzato in cui il bambino venga guidato nel suo modo di apprendere a riconoscere le strategie adeguate per lui, cosicché  prenda consapevolezza dei suoi punti deboli e passi facilmente da un sistema bottom up a top down (automatico a volontario) con estrema facilità usando creatività, immagini, analogie, gesti».

La dislessia si può prevenire?

«È bene parlare lentamente ai bambini senza usare troppo spesso vezzeggiativi o neologismi, incoraggiarli a usare la parola cioè parlare per esprimersi, per raccontare, trasformando i gesti e il contatto in parole; correggere in modo semplice senza aggressività, arricchire il vocabolario dei figli con dei giochi non appena il bambino avrà preso padronanza del linguaggio 4-5 anni».

Ci sono dei segnali che possono far capire ai genitori che loro figlio sia dislessico?

«Riconosco che per i genitori sia complicato comprendere certi segnali, spesso in studio mi capita di parlare con mamme che ritengono che il proprio figlio sia distratto o disordinato, o non vuole studiare, o pigro o addirittura tutto insieme… insomma mi raccontano la loro disperazione. Anche a scuola i docenti riscontrano le stesse difficoltà, comportamentali e di estraneità o isolamento.

La scuola è un posto che mette continuamente alla prova i nostri bambini ed è pesante riuscire a tenere il ritmo di insegnanti e compagni, ma quando i bambini dicono “io non ce la faccio” e ci viene il dubbio che sia davvero così allora il loro grido merita di essere ascoltato per comprendere il motivo.

I genitori devono sentire leggere i propri figli, devono chiedersi se raccontando una storia o mentre viene inventata,  il bambino usa parole che non sono pertinenti o scambia la cronologia degli eventi di un racconto, o non riesce a imparare a memoria anche semplici frasi. I genitori devono assolvere al loro ruolo con molta pazienza in questa società veloce e caotica, non esistono genitori che sanno tutto o sanno fare tutto per questo è importante farsi delle domande e rivolgerle senza ansia a chi può comprenderle».

Qualche consiglio utile per i genitori di un bambino dislessico?

«Consiglio ai genitori:

  • di non rimproverare troppo spesso i propri figli ma usare l’umorismo per correggere,
    riguardo invece agli esercizi di lettura è utile usare le scritte colorate come quelle nelle scatole dei cereali o delle merendine,
  •  per far leggere parole difficili ai proprio figli (per esempio gli ingredienti ed eccipienti) far fare loro la divisione del suono e la scomposizione delle parole soprattutto se hanno i trigrammi “gli”, “gni”; doppie o accenti.
  • di far disegnare tutto ciò che studiano oralmente o recitarlo, per prediligere il lavoro dell’emisfero destro più motorio e creativo.

Ricordo inoltre che la dislessia raramente viene in forma pura, spesso questa difficoltà si nota anche in forma scritta o nella capacità di calcolo.
L’aumento e la diminuzione degli errori dipende spesso dagli stati emotivi, consiglio infatti di alternare continuamente compiti facili e difficili».

I bambini dislessici sono molto intelligenti e hanno delle specifiche doti….

«I bambini dislessici hanno un’ottima memoria a lungo termine, sono molto curiosi e hanno un’ottima capacità di risolvere i problemi pratici. Imparano in modo laboratoriale ed esperienziale e se ben incoraggiati non hanno timore di sbagliare perché sanno seguire la loro voglia di imparare.

Hanno un’ottima immaginazione e questo li rende fortissimi nell’utilizzo delle metafore e nelle analogie. Comprendono al volo gli stati emotivi, i sentimenti ed hanno una buona capacità di astrazione. Insomma se guidati e presi per mano possono e possiamo fare tesoro delle loro vittorie. Possono essere indirizzati in qualche sport che migliori le loro capacità di coordinazione e attenzione come le arti marziali. Invece attività di musica o lingua straniera solo se l’apprendimento viene veicolato dal suono e non tanto da simboli grafici».

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Lucia Porracciolo
Laureata in Scienze della comunicazione, fissata con il giornalismo e con i profumi. Da qualche anno mamma di Ester e di Clarissa. Dopo un’esperienza di stage a Tv 2000, e dopo aver lavorato per anni alle Acli a Roma, ho deciso di tornare in Sicilia. Nel 2012 mi sono trasferita a Palermo dove collaboro con Tele Giornale di Sicilia e Giornale di Sicilia. Qui ho conosciuto l'amore della mia vita, Sli, oggi mio marito. Papà stupendo. Quando si diventa genitori si scoprono le priorità della vita, il dono e la magia di vivere e far vivere.

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