Parto in casa, Anna: “Lo rifarei un’altra volta a occhi chiusi”

parto in casa

È possibile far nascere il proprio bambino senza ricorrere a una struttura sanitaria, se le condizioni della gravidanza lo permettono. Sono in aumento le donne che scelgono le mura domestiche, che garantiscono intimità e relax a mamma e bambino. Ecco una storia esemplare.

Anna, 32 anni, vive a Martignacco in provincia di Udine. Mamma di Filippo ed Elettra ci racconta la sua esperienza del parto in casa.

«Elettra è nata  l’11 dicembre del 2016 nel soggiorno di casa mia. È stato un momento meraviglioso, fra quelli che mi hanno segnato la vita. La sera prima mi sentivo strana e ho cominciato a percepire alcune contrazioni ma erano poco dolorose e non regolari.

Alle 4 del mattino sono arrivate quelle forti, ogni 20 minuti. Teresa, l’ostetrica, è arrivata intorno alle 10,30. Mi ha visitata ed ero già dilatata. Così il mio compagno ha riempito la vasca gonfiabile. Intanto i dolori erano sempre più forti e più regolari, ma li gestivo camminando, muovendo il bacino, stando sulla palla.

Nell’attesa che arrivasse Elettra ero serena, certa di potercela fare nel modo più naturale possibile, parlavamo e a ora di pranzo abbiamo preparato un risotto, io però ho sgranocchiato solo qualche mandorla.

Con me c’era anche Filippo che ha due anni e dieci mesi in più della nuova arrivata, era attaccato alla mia gamba. E mentre mi muovevo per superare la contrazione lui “ballava” con me.

Giorni prima abbiamo cercato di prepararlo e lui ha vissuto quel momento come un gioco e come qualcosa di bello.

Partorire in casa ha un vantaggio notevole: in tranquillità, senza la confusione che può esserci in ospedale senti il tuo corpo, senza stress, con calma, ascolti in maniera consapevole cosa vuole comunicarti.

Così, quando ho capito di essere pronta, sono entrata nella vasca. Sono rimasta un’oretta dentro e qui i dolori erano molto più sopportabili. Elettra è nata alle 14:25, l’ho appoggiata al petto e ha iniziato subito a ciucciare. Il mio compagno nel frattempo era dentro la vasca con me. E poi anche Filippo è entrato in acqua, era contentissimo.

parto in casa

È stato molto rilassante, non ho avuto pressioni né preoccupazioni, ho vissuto il parto “quasi” come un momento della mia quotidianità.  Teresa mi raccontava cosa succedeva al mio corpo, spiegandomi il perché di certi dolori. La situazione era molto familiare. Ero abbastanza sicura e convinta.

Dopo il taglio del cordone ombelicale mi sono pulita, asciugata e riposata. La sera abbiamo cenato sul divano, davanti alla tv, e abbiamo dormito tutti e quattro nel lettone. È stato un momento molto intimo, tutto nostro».

Filippo è nato in ospedale, Elettra in casa, perché?

«Il primo parto in ospedale per la paura dell’ignoto, per tutte le insicurezze che una gestante può avere. Poi in realtà non ho un bellissimo ricordo di quell’esperienza. La seconda volta ho elaborato il desiderio di fare un parto più sereno e mi sono detta: “Perché non farlo in casa”?».


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Il suo compagno era d’accordo?

«È fondamentale che ci sia la convinzione e la consapevolezza anche del compagno o del marito. Per me è stato importante il suo sostegno. All’inizio però non era convinto, era titubante, temeva possibili emergenze e pericoli. Poi abbiamo incontrato l’ostetrica e dopo qualche giorno lui, senza che io dicessi più nulla sull’argomento, mi ha detto che sarebbe stato bello provare questa esperienza».

Per partorire in casa, come ha scelto l’ostetrica?

«Individuare la persona giusta è decisivo. Tramite passaparola ho contattato un’associazione che si occupa anche di parto in casa che mi ha presentato Teresa, un’ostetrica in pensione che da sei anni segue le mamme tra le mura domestiche.

C’è stata subito empatia tra noi, lei mi ha ispirato fiducia e mi ha rassicurato molto. Alla mia domanda: “E se succedesse qualcosa durante il travaglio?”, mi ha spiegato che lei è molto prudente e si va in ospedale prima dell’emergenza vera e propria, quindi c’è tutto il tempo per intervenire.

La fiducia nell’ostetrica deve essere totale. Bisogna fidarsi ciecamente, tanto che non ho mai dubitato né di lei né delle mie capacità. Teresa mi ha seguito dalla trentesima settimana circa, è stata con me alle visite ginecologiche, quindi conosceva tutto il percorso della mia gravidanza».

Cosa serve per mettere al mondo un figlio senza andare in ospedale?

«Io ho richiesto, prima di tutto, la vasca. Poi servono asciugamani, lenzuola vecchie, per avvolgere il neonato, per asciugare e coprire il divano, ad esempio. Poi è tutto piuttosto naturale. Quando è nata, Elettra era lunga 48 centimetri e pesava 2 chili e 680 grammi».

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Al momento del parto quante persone esperte c’erano?

«Ho voluto solo mio figlio e il mio compagno, poi l’ostetrica si è fatta accompagnare da una ragazza che è operatrice olistica. Questa figura può aiutare, ma non è indispensabile».

Nel caso di una futura gravidanza, ripeteresti l’esperienza del parto in casa?

«Sì, lo rifarei, per apprezzare e godere al meglio i momenti. Vorrei con me la stessa persona che mi ha aiutato. Teresa mi trasmetteva sicurezza e tranquillità. Ripeteva che una brava ostetrica lavora con le mani in tasca».

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