Quanto l’ambiente influenza l’evento nascita? Uno degli aspetti che spesso viene tralasciato nel momento in cui si pensa al parto è l’ambiente, il posto in cui si pensa e si decide di mettere al mondo il proprio figlio. Si pensa che il “posto” sia un semplice dettaglio e che possa anche essere tralasciato.
Le evidenze scientifiche, invece, ci dicono tutt’altro: l’ambiente in cui avviene l’evento nascita ha molteplici ripercussioni sull’evoluzione del travaglio e del parto, sulla partoriente e sul vissuto di tutti coloro che prendono parte.
L’evento nascita sconvolge e coinvolge tutti coloro che ne prendono parte, direttamente e indirettamente, e rimane un’esperienza significativa, segnando il futuro di coloro che sono presenti.
Il luogo del parto: fattori culturali
In alcune popolazioni, in cui la nascita viene vissuta integralmente, il luogo del parto viene attentamente scelto e preparato, in quanto si è consapevoli di quanto questo abbia notevoli ripercussioni sul parto, sulla donna e sulla comunità di appartenenza della donna stessa.
Il parto, momento profondamente sacro, coinvolge l’intera comunità di appartenenza e coloro che “accompagnano” la donna hanno il ruolo di ridurre e bloccare qualsiasi pericolo o interferenza che possa minare il parto stesso.
Ancor prima che essere un evento medico-sanitario, la nascita, in queste realtà, è un evento di tipo comunitario e ogni membro ha un ben preciso ruolo per quella nascita.
L’intimità viene garantita, alcuni rituali d’attesa vengono preparati, affinché ogni cosa possa dar spazio e favorire l’espressione della parte più profonda della partoriente e del bimbo che sta venendo alla luce.
Ben lontano da tale ottica è il parto vissuto nella nostra società: l’ospedalizzazione ha fatto sì che perdessimo l’intimità e gli aspetti più profondi dell’evento nascita, influenzando i normali processi fisiologici e togliendo, il più delle volte, alle madri il proprio ruolo di protagoniste.
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Dalla casa all’ospedale…
Nella nostra storia, il momento di passaggio del parto dall’ambiente domestico a una struttura esterna si può collocare intorno al XVIII secolo, quando ostetrici uomini iniziarono a dare cure ospedaliere in forma gratuita a donne, per lo più di condizioni economiche disagiate.
In questo primo momento storico, il parto ospedaliero era altamente rischioso, in quanto l’elevato numero di pazienti, le frequenti visite vaginali, l’utilizzo di biancheria comune favorivano la diffusione di infezioni con conseguente aumento di mortalità.
Dopo gli anni ’50 del secolo scorso, con la diffusione degli antibiotici, dell’analgesia e col miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, l’ospedale iniziò a divenire meno “pericoloso” e, progressivamente, l’ospedalizzazione del parto divenne la normalità.
Col tempo, il parto in ospedale divenne l’equivalente di un parto moderno e frutto del progresso, dando a tutti l’illusione che il parto ospedaliero fosse più rapido e sicuro. Partorire in ospedale significava appoggiare un progresso tecnologico, che la popolazione voleva fortemente.
Molto spesso, con lo scopo di svalorizzare il parto in casa, si adduce come motivazione il fatto che il crollo dei tassi di mortalità materna e perinatale avvenuto negli anni Sessanta del secolo scorso fosse legato all’ospedalizzazione del parto.
In realtà, diversi studi epidemiologici hanno messo in evidenza come il calo degli esiti avversi sia legato a molteplici fattori: miglioramento di condizioni di salute di base della popolazione, stili di vita diversi, fattori economici e sociali.
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Parto in casa vs parto in ospedale: cosa dicono le evidenze scientifiche?
Se, da un lato, l’ospedalizzazione ha migliorato gli esiti nelle situazioni patologiche, le evidenze mostrano come l’ospedalizzazione, con gli interventi ad essa connessi, spesso superflui, non sia collegata a benefici per le nascite fisiologiche, con madri sane e feti sani.
Studi condotti a riguardo sono concordi nell’affermare che, dinanzi a gravidanza fisiologica e a termine e con donna e feto sani, il parto in casa ha un’incidenza di eventi avversi neonatali pari a donne con gravidanza fisiologica che scelgono il parto ospedaliero.
E’ evidente, inoltre, che, sempre nei casi di gravidanza fisiologica con madre e figlio sani, i tassi di intervento (induzioni, accelerazioni, rottura artificiale delle membrane, episiotomie, epidurali) sono 10 volte inferiori nei parti in casa rispetto ai parti ospedalieri, e che la richiesta di taglio cesareo è inferiore nelle donne che scelgono la casa rispetto a quelle che scelgono l’ospedale; inoltre, tra le donne che pianificano un parto in casa, siamo di fronte a circa il 10-30% in meno di complicazioni, come emorragia post partum e lacerazioni perineali gravi.
In uno studio della Cochrane Collaboration viene affermato che “Nei Paesi in cui sia possibile istituire un servizio di parto a domicilio supportato da un moderno sistema ospedaliero, ogni donna a basso rischio dovrebbe poter avere la possibilità di prendere in considerazione il parto in casa programmato…”
[Riportiamo a fine articolo un elenco di alcuni studi scientifici da potere visionare, così da avere informazioni dettagliate circa la sicurezza del parto in casa]
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Perché scegliere di partorire in casa?
Ciò che spinge le coppie a scegliere di partorire in casa è l’istinto, una buona dose di informazione e il volere evitare alcuni interventi (accelerazioni o interferenze), inutili per il parto fisiologico.
Il corpo della donna sa partorire e avere fiducia nelle potenzialità del proprio corpo è il punto di partenza per scegliere di partorire in casa.
Se si osserva il comportamento dei mammiferi femmina in travaglio, è piuttosto rilevante come sia istintiva la ricerca del luogo più adatto e del momento più favorevole perché il parto avvenga.
L’ambiente e tutto ciò che ci circonda influenza notevolmente il cocktail ormonale del parto, che coinvolge a lungo termine sia la madre che il figlio.
Non a caso, se la donna si sente minacciata o in pericolo in una determinata situazione o circostanza, il suo corpo provvederà a rallentare, e in alcuni casi anche ad arrestare, il processo che porta alla nascita.
Decidere di partorire in casa equivale a dare ascolto alla parte più profonda del proprio io, avendo grande fiducia nelle proprie capacità e in quelle del proprio bimbo.
Seguire i ritmi fisiologici del proprio corpo, trovarsi immersi in un ambiente familiare, scegliere l’intimità e la riservatezza, limitare qualsiasi interferenza che influenzi l’evoluzione del parto: tutto ciò è prioritario per chi sceglie di avere un parto tra le mura domestiche.
L’importanza del sostegno del partner
L’appoggio e il sostegno del partner in tale scelta è fondamentale: il coinvolgimento della figura paterna nel parto in casa è totale e non si limita a un ruolo marginale. Lo stesso padre deve avere fiducia nel potere della propria compagna: solo così può essere pienamente al fianco della donna e sostenerla nell’evento nascita.
Con una presenza attiva ma discreta, la presenza del padre è determinante: dà alla donna la percezione concreta, visiva, tangibile del sostegno, sperimentando la bellezza di essere insieme nel mettere al mondo il proprio figlio.
Voglio partorire in casa: cosa devo fare?
Nel mondo occidentale, la scelta di partorire in casa, per tutti i motivi sopra esposti, può sembrare insolita, controcorrente, integralista, eccessiva e può trovare l’opposizione di amici, parenti, conoscenti, dubbiosi sulla sicurezza del parto a domicilio.
A volte il contesto familiare può influenzare negativamente la coppia: ecco perché è fondamentale prendere i contatti con un professionista, così da avere risposta a qualsiasi dubbio.
Tra l’ostetrica e la coppia deve esserci subito feeling: si tratta di un percorso intimo, pertanto, sarà tanto più facile “aprirsi” quanto più autentica e vera sarà la relazione tra professionista e coppia.
Il legame di fiducia tra l’ostetrica e la coppia si concretizzerà, al momento della nascita, in sostegno, vicinanza e facilitazione nel processo ormonale tipico della nascita stessa. Datevi, pertanto, tutto il tempo di scegliere il professionista che volete al vostro fianco in quest’avventura intensa e stravolgente.
Concordate con la vostra ostetrica il percorso che vi vedrà coinvolti: il percorso muoverà le vostre parti più profonde e nascoste.
Molto importante è, inoltre, la rete tra le famiglie: incontrare periodicamente coppie che hanno avuto o che avranno la stessa esperienza è utile per confrontarsi, condividere e per sentire la vicinanza e il sostegno.
Ad ogni donna il proprio posto
Come ribadito anche dalla Costituzione Europea dei diritti umani a Strasburgo nel 2013, “il diritto al rispetto per la vita privata include il diritto di scelta sulle circostanze della nascita”.
Ogni donna ha il diritto di partorire nel posto che ella sente più congeniale per il proprio parto. Non esiste un luogo ideale, esiste il posto più giusto per quella donna, per quella coppia, per quella famiglia.
Come il parto ospedaliero non è per tutti, lo stesso vale per il parto a domicilio: il punto sta nell’interrogarsi e nel fare la scelta più appropriata per il proprio corpo, per il proprio vissuto, per ciò che si è.
Ad ogni famiglia il proprio posto: che sia la casa, l’ospedale, la casa maternità, l’importante è che sia il frutto di una scelta libera e consapevole.
Questo per dire che il parto in casa è un’alternativa possibile, se lo si vuole!
*Note al testo
Evidenze scientifiche sul parto in casa
Outcomes of planned home births and planned hospital births in low-risk women in Norway between 1990 and 2007: A retrospective cohort study, Sex Reprod Healthc. 2012 Dec;3(4):147-53. doi: 10.1016/j.srhc.2012.10.001. Epub 2012 Oct 26
The safety of home birth: the farm study. A. M. Durand. “Am J. Public Health”, 82(3), marzo 1992
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Outcomes of Planned Home Biths with certified Profesionale Midwives: Large Prospective Study in Noth America. Johnson, Daviss, 18 giugno 2005
Birthplace in England Collaborative Group: Perinatal and maternal outcomes by planned place of birth for healthy women with low risk pregnancies: the Birthplace in England national prospective cohort study. Birthplace in England Collaborative Group. BMJ 2011;343:d7400
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