Quando andare in ospedale? Andare in ospedale al momento giusto può evitare stress inutile ai futuri genitori. Mantenere la calma, monitorare i movimenti fetali e riconoscere le contrazioni da travaglio sono alcune regole base da seguire
La fase prodromica è quella in cui le contrazioni sono irregolari nell’intensità e nella frequenza, le primipare soprattutto non sanno riconoscere le vere contrazioni e si precipitano in ospedale. Spesso prima del ricovero capita che la coppia più volte si rechi al pronto soccorso ostetrico e ritorni a casa senza aver partorito. «Riconoscere i segnali del corpo che indicano il momento per andare in clinica o in ospedale può aiutare la mamma ad affrontare il parto con serenità e può evitare stanchezza aggiuntiva». Lo spiega l’ostetrica Nunzia Maria Caito che dopo una specifica formazione ed esperienze lavorative al Nord, dal 2016 lavora all’ospedale Cervello di Palermo.
Quando occorre andare in ospedale?
«Le situazioni in cui bisogna recarsi in ospedale sono fondamentalmente quattro:
- perdita di sangue abbondante di colore rosso vivo, per abbondante intendo dire che il sangue deve ricoprire più dei due terzi dell’assorbente;
- riduzione dei movimenti fetali. Durante la giornata dovreste sentir muovere il vostro bimbo in grembo almeno dieci volte. Nel caso in cui percepite una riduzione dei movimenti è consigliato mangiare qualcosa di dolce, questo dovrebbe farlo muovere. Sedetevi così da riuscire facilmente a sentirlo;
- contrazioni uterine con una frequenza di almeno una ogni cinque minuti da più di un’ora. Capisco che soprattutto per le primipare non è facile individuare le contrazioni “vere”. Per riconoscere le false contrazioni si può fare il test dell’acqua calda, ovvero fate un bagno o una doccia calda di almeno trenta, quaranta minuti. Le contrazioni della fase prodromica tendono ad allontanarsi o sparire del tutto;
- rottura delle membrane, ovvero la perdita abbondante di liquido, trasparente, inodore, caldo».
La perdita del tappo mucoso cosa comporta, è un segnale di allarme?
«La perdita del tappo mucoso in sé non comporta nulla in quanto non c è una stretta correlazione tra la perdita dello stesso e il parto. In sostanza non è un segnale di allarme e non bisogna catapultarsi in ospedale, si rischierebbe di attendere vanamente un controllo dai medici in turno per poi tornare a casa. A volte la donna può non accorgersi della perdita del tappo mucoso oppure può avvenire durante il travaglio».
Se si rompono le membrane, cosa fare?
«Se si rompono le membrane non bisogna assolutamente allarmarsi.
I fattori che indicano l’urgenza di andare in ospedale sono il colore del liquido e l’esito dei tamponi vaginale e rettale.
Se il liquido è trasparente o rosato e i tamponi sono negativi ci si deve recare in ospedale entro due ore circa, monitorando sempre i movimenti del bambino. Quindi con tutta calma fatevi una doccia, preparatevi e prendete tutto l’occorrente che serve a voi e al bambino. Cercate di mantenere la calma e fatevi aiutare dal marito o dal compagno».
A proposito, il futuro papà come può aiutare la mamma?
«Regola numero uno: non deve andare in panico.
Deve mantenere la calma, confortare la futura mamma e perché no, seguire le sue istruzioni. Per esempio può pensare a prendere il borsone per l’ospedale, i documenti della gravidanza. Nella fase del travaglio la sua presenza può essere molto utile nel supportare la mamma. Può massaggiarle la schiena, ricordarle di respirare nel modo giusto, quello che hanno spiegato al corso di accompagnamento al parto, incoraggiarla sempre. L’intimità e il legame che vive la coppia in quei momenti può davvero contribuire a un parto bello e sereno che sarà ricordato per sempre».