Le fasi del travaglio di parto e le sue caratteristiche. Se dovessimo accostare il momento del travaglio di parto a un’immagine, potremmo senz’altro far riferimento al viaggio: un momento speciale e unico, che rappresenta una fase di passaggio per mamma, papà e bambino, protagonisti di un evento straordinario e sconvolgente
Il racconto di ogni famiglia sul proprio parto manifesta sfumature, caratteristiche, tratti che sono peculiari di quella famiglia, di quella nascita; per questo motivo, ogni parto è un viaggio a sé, frutto di un percorso che mette radici nelle parti più profonde della madre, del padre e del bimbo.
La preparazione del “Nido”
A precedere l’avvio del travaglio, vi è una fase di particolare attività della mamma, che si impegna nel preparare tutto ciò che servirà ad accogliere il bimbo stesso.
In questa fase, la mamma si sente particolarmente energica e si impegna nel preparare tutti i dettagli: la casa, l’occorrente per il bimbo, ogni cosa è in ordine. Si tratta di una sorta di “imbarco”, in cui la madre, sentendo vicino il momento del parto, prepara se stessa e l’ambiente all’accoglimento.
Può sembrare banale, in realtà questa fase rappresenta la presa di coscienza della madre dell’evento nascita, tante sono le emozioni che possono attraversare la donna: eccitazione, paura, nervosismo, gioia, tutte emozioni che servono a “sentire sulla pelle” l’imminenza di un momento irripetibile e unico. In questa fase, la mamma comincia anche a sentire fisicamente la fine della fase della gravidanza: digerisce meglio, ha meno sonno, avverte meno la pesantezza e la stanchezza, respira meglio.
Come sarà il mio parto?
Molte mamme, specialmente in prossimità del parto, si chiedono come sarà vivere questo momento. Iniziano a immaginarne i tempi e le modalità.
Per quanto i processi “meccanici” che avvengono durante il travaglio e il parto siano i medesimi, i tempi e le modalità con cui il parto si esplica sono fortemente condizionati da ciò che è la madre, da ciò che è il bimbo e dall’ambiente.
Gli ormoni coinvolti nel travaglio e nel parto sono, infatti, fortemente condizionati dall’esperienza interiore della madre, dalla sua capacità di adattamento alle situazioni, da come questa ha vissuto la propria gravidanza e il proprio divenire madre.
Ruolo fondamentale gioca anche l’ambiente, che può favorire o inibire la cascata ormonale coinvolta nel processo, e il temperamento del bambino, nonché la capacità che madre e bimbo hanno di entrare in contatto e in sintonia.
Tutti questi fattori, che coinvolgono la psiche di mamma e bimbo giocano un ruolo fondamentale nell’evoluzione del viaggio e nel modo in cui questo viene vissuto da madre e figlio.
Fattori ormonali e travaglio: un cocktail per un equilibrio delicato!
Per tutta la durata della gravidanza, il progesterone ha fatto sì che la gravidanza stessa venisse salvaguardata, evitando che l’utero si contraesse in un momento che non era ancora quello “opportuno” per la nascita.
Verso la fine della gravidanza, i livelli di estrogeno aumentano rispetto al progesterone (anche in relazione alla produzione dell’ormone ossitocina che il bimbo inizia a produrre) e preparano l’utero a rispondere all’ormone ossitocina, contraendosi e favorendo l’avio del travaglio.
Nell’ultima fase della gravidanza, inoltre, vengono prodotte le prostaglandine, ormoni che, insieme alla relaxina, permettono alla cervice di ammorbidirsi e di andare incontro a quelle modifiche che favoriranno la dilatazione uterina.
Ruolo fondamentale rivestono le beta-endorfine, definiti oppiacei naturali. Questi ormoni permettono al corpo della donna di ridurre i livelli di stress, nemico del parto, affrontando il dolore trascendendolo: la mamma entra in uno stato di coscienza alterato, che permette al suo corpo di “aprirsi”. Le beta-endorfine raggiungono il picco più alto nel momento della nascita e fanno sì che mamma e bimbo possano innamorarsi, favorendo le interazioni mamma – bimbo e garantendo l’accudimento amoroso del piccolo.
Varie fasi, differenti emozioni
La prima del travaglio è quella che viene chiamata prodromica. Questa fase pone le basi per tutta l’evoluzione che vi sarà successivamente. La sua durata è variabile (da alcune ore a diversi giorni) e rappresenta il momento in cui la madre si confronta, per la prima volta, con l’esperienza del dolore.
Si avvertono le prime contrazioni, che sono di breve durata (meno di un minuto), irregolari e con intervalli più o meno brevi. Queste prime contrazioni permettono trasformazioni a livello di collo uterino, che sono fondamentali perché la dilatazione possa avvenire: il collo uterino che, finora chiuso, ha fatto sì che il bimbo venisse protetto dentro l’utero, adesso inizia ad ammorbidirsi e ad accorciarsi nella sua lunghezza.
In questa prima fase può capitare di perdere il tappo mucoso (secrezione abbondante di muco), a volte misto a tracce di sangue.
In questa fase, anche il bimbo si confronta con l’imminenza di una fase nuova e anche lui potrebbe richiedere del tempo per adattarsi. Non c’è fretta: in questa fase mamma e bimbo si lasciano andare a ciò che sta avvenendo, dando il giusto tempo a dei tempi che sono assolutamente fisiologici.
Piano piano qualcosa inizia a cambiare: l’intensità, il ritmo delle contrazioni aumentano e assumano una certa regolarità.
Ogni contrazione porta la donna dentro di sé, come ad incontrare la parte più nascosta di sé e il proprio bambino.
Piano piano ci si avvicina a quella che viene definita fase dilatante. Il collo dell’utero inizia ad aprirsi (arriverà a 10 cm di dilatazione). In questa fase la mamma mette istintivamente in atto le proprie risorse, muovendosi secondo quelle che sono le proprie sensazioni.
L’utilizzo della voce mediante i vocalizzi, il movimento, l’utilizzo dell’acqua (immergendosi in vasca o con l’applicazione di pezze calde bagnate) sono tutte strategie che la madre può utilizzare per far sì che il proprio corpo si apra e si lasci andare alla vita.
Nella fase dilatante vi possono essere dei momenti, detti di transizione in cui il corpo ha necessità di prendere ossigeno ed energie prima del “tuffo finale”: in questi casi, può accadere che le contrazioni rallentino per dare alla madre la possibilità di prendere le forze e le energie, mangiando, facendo una doccia, parlando, dormendo.
Queste fasi di transizione, che sono fisiologiche, non vanno interpretate come arresto del travaglio e, di conseguenza, non è necessario che si intervenga per accelerare un processo che è nella norma.
Il ritmo tra contrazione e pausa diventa sempre più incalzante: più aumenta l’intensità della contrazione, più aumenta la profondità del rilassamento. Dopo la dilatazione completa (10 cm) il corpo del bimbo viene sospinto dall’utero in vagina. Questa fase viene chiamata espulsiva e la madre sente che il momento dell’incontro col proprio bambino è imminente. A ogni contrazione, la sensazione di prèmito dà alla madre la percezione della “spinta” e del suo ruolo attivo nel portare il proprio bimbo in questo mondo.
Ed eccolo che, lentamente, il bimbo attraversa il canale da parto, attraversa i tessuti della madre e affiora: il bambino viene alla luce. Ed è come se il tempo si fermasse in un lungo abbraccio, che pone le basi per la relazione tra madre-padre e figlio.
Il fiume ormonale accompagna questo momento indimenticabile. La madre si sente al “settimo cielo”, si sente potente, le forze ritornano: sente di essere veramente madre.
Il bimbo viene posto sul petto della madre, lì dove può sentire “l’odore di casa”, che riconoscerà per sempre.
L’espulsione della placenta, detto secondamento, rappresenta l’ultima fase del parto: in questa fase la placenta, che ha dato nutrimento per tutta la gestazione al bambino, mettendo in contatto mamma e bimbo, finisce il proprio compito e viene espulsa all’esterno: si chiude qui la simbiosi endouterina e inizia quella extrauterina.
Dall’apertura alla chiusura
Il viaggio del travaglio e del parto inizia con l’apertura: il corpo della madre si prepara a dare spazio e a portare all’esterno il proprio bimbo. Si lascia andare e si fa attraversare dal dolore e dalla nuova vita che nasce. Dopo la nascita, dopo la massima apertura, dopo aver portato alla luce questa nuova vita, il corpo si chiude e segna la fine di questo meraviglioso viaggio e l’inizio di un’altra fase, quella in cui l’accoglienza sarà data dall’abbraccio della mamma e del papà.
E non resta che augurare a ogni madre di vivere pienamente questo viaggio, lasciandosi travolgere da tutte le emozioni e le sensazioni che lo segneranno, con piena coscienza di sé, di ciò che si è e di ciò che si sarà.